
Quattro chiacchiere con MARIO MILANESCHI
Mario Milaneschi, classe 1932, nativo di Magliano in Toscana, commerciante storico, in pensione dal 2000. Dopo 50 anni di attività, ha dato in gestione il suo negozio in Via Garibaldi, dove tuttora risiede.
Mario, quando hai acquistato la casa ed il negozio in Via Garibaldi?
“ Il mio nonno, Marsilio Milaneschi, acquistò tutto l’ immobile. Era emigrato in America nel 1904, con mia nonna, Eletta Gregori. Si erano stabiliti a New- York, lui lavorava come commesso in un negozio di scarpe, e lei come operaia in una fabbrica di cioccolato. Rientrarono in Italia alla vigilia dello scoppio della Prima Guerra Mondiale, per paura di rimanere bloccati là…Con i soldi sudati negli Stati Uniti, comprarono il negozio e la casa dove abbiamo sempre vissuto…8mila lire all’epoca!”
L’ attività fu aperta da tuo nonno?
Mario Milaneschi
“ Sì, io ho portato avanti la tradizione di famiglia. Marsilio, tornato dall’ America, ci aprì un bar con lo zio Pasqualino, allora si chiamavano osterie. Poi il bar si trasformò in un negozio di generi alimentari”.
Frequentavi spesso il negozio da piccolo?
“ Ero sempre lì! Ero molto affezionato a mio nonno, mi ha insegnato lui ad andare in bicicletta e da allora ho sempre pedalato! In tutti i sensi, non mi ha regalato niente nessuno, ho lavorato sodo! Almeno fino a che le gambe me l’hanno permesso…ora ho due protesi, una all’anca e l’altra al ginocchio, e spesso mi tocca uscire col bastone!”
Mario sbuffa e brontola bonariamente, in modo piuttosto colorito, da bravo maremmano, rimpiangendo le energie dei tempi andati…
“ La prima bicicletta me la regalò mio babbo, Tullio, personaggio singolare, rinomato per il suo millantare fantasiose quanto improbabili imprese venatorie! Veniva da Arezzo, aveva combattuto nella Seconda Guerra Mondiale ed era stato persino prigioniero in Germania. Quando noi bimbi facevamo storie a tavola, ci ricordava sempre che lui in quegli anni si era sfamato con le bucce di patata e ci gridava: “ Non avete fame? Ora passa l’omino del companatico!”. Detto anche Il mago di Tobruk, teneva banco con le sue innocue frottole sulla caccia! La più nota in paese è quella del cinghiale col querciolo sul groppone:…Tullio va a caccia, gli passa davanti un cinghiale ma si accorge che ha finito le cartucce nel fucile, allora lo carica con una ghianda e spara! L’anno dopo incontra di nuovo il cinghiale e nel frattempo gli è cresciuto un querciolo sulla schiena! Tullio…ricordato anche per essere stato il noleggiatore ufficiale di Magliano, con grande fama di sciupafemmine! Diceva sempre: “L’ occasione fa l’uomo ladro!”
E’ da Tullio allora che hai ereditato la passione per la caccia!
“ Vengo da una famiglia di cacciatori, quando stavo in negozio avevo anche la licenza per la rivendita di munizioni. Mi aiutavano dei ragazzetti del paese, prendevano una mancia…Bulletta, Poldino Darini, Piero il poliziotto. Avevo i cani da penna, ho voluto bene a tutti…ero in squadra con gli amici di sempre, Lino Boni, Gualberto Vignoli…”
Mario resta in silenzio per qualche istante, è commosso perchè le persone di cui sta parlando, i suoi amici, sono venuti a mancare già da tempo…
“Sono stato a caccia anche all’estero, in Jugoslavia…più spesso s’andava ad Alberese, dai Vivarelli Colonna, dal principe Caracciolo che aveva le tenute intorno a Magliano. Già da piccino mi portavano a caccia, poi arrivò la guerra…”
Cosa ti ricordi di quel periodo?
Mario Milaneschi
“Poco, mi ricordo del bombardamento ma come fosse un sogno…è un ricordo vago, lontano. Babbo e nonno avevano creato un rifugio per ripararci in caso di attacchi nell’orto sotto casa, una specie di spelonca scavata nel tufo, che poi è sempre stata usata come cantina, Tullio ci teneva il fragolino, uva che lui stesso coltivava e rendeva frizzante col salicilico! La prima bottiglia la apriva e la assaggiava lui, per verificare se era venuto bene ed ogni anno ripeteva la stessa frase: “ Quest’anno è mondiale!”
Quali scuole c’erano a Magliano in quegli anni?
“L’asilo, con la maestra Mariannina e le elementari, io c’avevo la maestra Lilia Cassai, c’erano anche dei corsi serali in piccole scuolette di campagna. Non c’erano autobus frequenti come ora per i ragazzi che vanno a studiare a Grosseto, io le superiori le ho fatte in collegio, proprio a Grosseto…l’ Istituto Commerciale al Sant’ anna. E non c’era tutta la scelta di menu che c’è oggi, a cena una fettina trasparente di mortadella, un pezzettino di formaggio con una fetta di pane e a letto!”
Il ricordo più bello della tua infanzia?
“ Quando d’estate andavamo al mare, passava Ilda con il barroccio, portava 12 persone e si andava al mare alle Saline. Era difficile con i cavalli attraversare l’ Aurelia! Il giorno di Sant’Anna arrivavano al mare le persone che lavoravano in campagna, si pranzava tutti insieme in pineta, altri tempi, s’era tutti amici…”
E’ risaputo che sei sempre stato un amante del calcio, quando è iniziato questo amore?
“ Da piccino! Giocavamo in piazza con la palla di stracci, la guardia Fanino era il nostro terrore, ci brontalava sempre! All’epoca c’era solo lui, più tre impiegati comunali: Silvana Fiorentini, Nedo Rossi e il Carletti. E’ a 14 anni che ho iniziato a giocare in squadra, prima nel Magliano, poi nel Grosseto e infine nello Spoleto, negli anni ’50. Giocavo nel ruolo di centravanti. Stavo per ottenere un contratto dal Montevarchi, quando il nonno Marsilio si ammalò…fu allora che lo sostituii in negozio, avevo 23 anni e il mio sogno calcistico finiva lì…”
Si legge un certo rimpianto nel suo sguardo.
Insieme a chi gestivi l’attività?
“ I primi anni da solo, poi insieme a mia moglie, Franca.
L’hai conosciuta a Magliano?
“Sì, la sua famiglia veniva dall’ Emilia-Romagna ma lei ha sempre vissuto qui. Franca è stata un colpo di fulmine, andavo al cinematografo la domenica, dove ora è il Pizza Movie, per vederla…la accompagnava sempre suo babbo. Era la più bella ragazza di tutto il paese, almeno per me! Era molto riservata ed elegante, un vitino di vespa e la bocca rossa rossa. Il babbo gelosissimo non le permetteva di mettere il rossetto e lei si tingeva le labbra con le ciliege! Ci siamo sposati nel ’58, lei aveva 20 anni ed io 25. Nel ’60 è nata la prima figlia, Gabriella, nel ’72 è arrivata Cristiana. Franca ed io abbiamo festeggiato le Nozze d’oro nel 2008, se il Signore ci dà la salute, fra tre anni faremo quelle di Diamante, 60 anni di matrimonio! Quanti sacrifici abbiamo fatto per tirare su la famiglia e portare avanti il negozio, eppure siamo sempre rimasti uniti”.
A questo punto, invece, c’è una luce che gli illumina lo sguardo!
Mario Milaneschi
Come è cambiato il commercio rispetto a quando hai iniziato?
“ Tantissimo! La pasta si teneva sfusa nei cassetti e si prendeva con le palette, c’erano le bilance ad ago, non quelle elettroniche come oggi, i conti si facevano a mano, niente cassa! Era tutto più semplice e non c’era tutto lo spreco di plastica che c’è oggi! Frutta e verdura erano del contadino, tutto a Km zero! Il vino ce lo portava dentro la damigiana Francesco, che veniva da Scansano con il barroccio. Non eravamo oppressi dalle imposte come ora, si pagava un’unica tassa all’esattoria comunale, da Omero Checcacci. Il caffè e lo zucchero si tenevano nelle balle, così come i legumi, le acciughe nelle latte, le aringhe in cassette di legno. Si tagliavano gli affettati con coltelli di legno, non con l’affettatrice. C’era un solo tipo di biscotti, l’acqua si prendeva alla fonte, ce n’erano tre in paese. Non c’erano i frigoriferi, il fresco, tipo il burro, il formaggio, si mettevano nelle cantine. Il cognato di Marsilio, Guido Lorini, faceva il gelato per il paese una volta alla settimana, due gusti: crema e cioccolato. Andava a prendere il ghiaccio ad Orbetello in bicicletta, appendeva due bisacce sotto il sellino e tornava dopo qualche ora, tutto sudato ed io non capivo da quale diavoleria nascesse il gelato! C’erano poche cose eppure ci si gustava contenti quel poco…”
Ti ricordi i negozi che al tempo c’erano a Magliano?
“ Come no! C’era il forno di Bernardino, la latteria di Anita, due macellerie, quella di Turiddo Contigiani e quella di Alberto Rossi. C’erano anche diversi frantoi, quello del Fumei, del Checcacci, del Fortuni. C’erano certi bottegai buffi! Maria, che se non aveva guadagnato abbastanza , prima che rientrasse il padrone ci metteva i soldi di tasca sua, Iside che sbocconcellava di continuo nel suo bar e diceva sempre: “ Quello che non vendo me lo mangio!” e il Bambagioni, mitico falegname di Magliano che aveva scritto sulla saracinesca: NON FATE DOMANDE CHE NON VI INTERESSANO! Ci si accontentava, non avevamo troppe esigenze…il benessere è arrivato negli anni ’80, anni d’oro, gli anni del boom economico! Lì è iniziato il turismo, io avevo anche l’enoteca, si lavorava tanto con gli stranieri, soprattutto tedeschi, compravano molto vino. D’estate andavo a caricarlo a Scansano, a Poggioferro, a tutte le ore, alle 5 di mattina, alle 10 di sera…ho lavorato tanto ma mi piaceva. Non parlavo una parola d’inglese ma mi capivano lo stesso! Il nostro negozio era il tipico emporio di paese, si vendeva di tutto, dagli alimentari agli articoli da regalo o di profumeria, una specie di bazar. Per Magliano il turismo è una gran risorsa, abbiamo la fortuna di stare in posti bellissimi, la gente ci viene volentieri.”
Con tutto questo lavoro, trovavate anche il tempo di divertirvi?
“ Diamine! Si organizzavano certe feste a maggio! Io e la maggior parte dei maglianesi che avevano un’attività facevamo parte del Comitato Festeggiamenti, organizzavamo le corse di bicicletta, quelle dei cavalli. Io mi occupavo di allestire e seguire il tiro al piattello, sport molto in voga negli anni ’70 / 80. Dopo tanti sacrifici, Franca ed io cominciavamo a tirare il fiato, così cominciammo a farci un viaggetto all’anno, dopo l’estate, prendevamo le ferie e partivamo. Sono molto affezionato a Magliano ma ho avuto sempre anche la curiosità di vedere cosa ci fosse oltre le mura e mi sono spinto in…Spagna, Grecia, Marocco, Egitto, Thailandia, Messico, Turchia, Russia…persino a Miami!”
Bene, allora quale sarà la prossima meta?
“ Con queste gambe ormai si va poco lontano! Ma appena arriva l’estate, vado al mare!”
Saluto Mario e lo ringrazio per il tempo che mi ha dedicato ma, nel salutarlo, non posso fare a meno di dirgli: “ Ciao babbo!”
Cristiana Milaneschi